TFR in busta paga? L’INL chiarisce: non è lecito
Con la Nota n. 616/2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) interviene per fare chiarezza su una pratica che, sebbene diffusa in alcune realtà lavorative, è del tutto illegittima: l’erogazione mensile del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) direttamente in busta paga.
Cos’è il TFR e quando può essere anticipato
Il Trattamento di Fine Rapporto, disciplinato dall’articolo 2120 del Codice civile, rappresenta una somma accantonata nel tempo dal datore di lavoro e destinata al lavoratore al termine del rapporto lavorativo. Tuttavia, la normativa prevede alcune eccezioni in cui è possibile richiedere un’anticipazione del TFR, anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro.
In particolare, l’anticipazione è concessa solo al verificarsi di specifiche condizioni:
- Spese sanitarie eccezionali, documentate;
- Acquisto della prima casa per sé o per i propri figli;
- Necessità economiche legate a congedi parentali o a percorsi formativi;
- Almeno 8 anni di anzianità lavorativa presso lo stesso datore;
- La somma anticipata non può superare il 70% del totale maturato.
Eventuali condizioni migliorative possono essere previste da contratti collettivi, aziendali o individuali.
L’intervento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro
L’INL, con la Nota n. 616/2025, ha precisato che non è ammissibile la corresponsione mensile del TFR come se fosse una parte della retribuzione ordinaria. L’organo di vigilanza sottolinea che l’erogazione deve avvenire solo nei casi e con le modalità previste dalla legge, anche se la contrattazione collettiva o individuale dovesse prevedere diversamente.
Nel documento, si legge che:
“La pattuizione collettiva o individuale può riguardare un’anticipazione dell’accantonamento maturato, ma non un trasferimento automatico in busta paga del rateo mensile, che costituirebbe un’integrazione retributiva, con conseguenti impatti contributivi e fiscali.”
Le conseguenze per i datori di lavoro
Alla luce di questo chiarimento, l’erogazione del TFR in modo continuativo e mensile costituisce una violazione delle norme vigenti. Gli ispettori del lavoro, in caso di accertamento, potranno intimare al datore la ricostituzione degli accantonamenti erogati indebitamente, con possibili riflessi anche in ambito fiscale e previdenziale.
Il messaggio dell’INL è quindi estremamente chiaro: il TFR non è una parte della retribuzione mensile ordinaria. Qualsiasi modalità alternativa alla disciplina prevista dall’art. 2120 c.c. espone le aziende a sanzioni e richieste di ripristino delle somme. I datori di lavoro devono quindi prestare la massima attenzione alla corretta gestione del TFR, affidandosi a consulenti esperti e rispettando i vincoli normativi